Natale sul grande schermo

C’è vita dopo i cinepanettoni? Ecco cosa troveremo nelle sale cinematografiche durante i giorni più festosi dell’anno. Quando al cinema vanno un po’ tutti. Buoni, belli e brutti. Non importa a vedere cosa, perché tanto ogni anno è la stessa cosa. O quasi.
COLPI DI FULMINE, di Neri Parenti. Dopo la batosta dell’anno scorso (De Sica e compagni surclassati da Sherlock Holmes), De Laurentiis ha mandato il cinepanettone a farsi benedire. Nell’Italietta dei fischi e lazzi, delle volgarità trite e ritrite, del teatrino della politica che manda in pensione il Bagaglino (per forza, con questa concorrenza!), il patron della Filmauro e del Calcio Napoli affida il riscatto della comicità natalizia a un film a metà strada tra la commedia all’italiana e il poemetto dei buoni sentimenti. Christian De Sica è un evasore fiscale che si finge sacerdote per sfuggire alla finanza. Lillo & Greg protagonisti di una sorta di “My fair Lady” all’incontrario. Il primo aiuta il secondo, raffinato ambasciatore in Vaticano, a far breccia nel cuore di una truce pescivendola. Pane, amore e sagrestia. Débacle annunciata.
“I 2 SOLITI IDIOTI”, di Enrico Lando. Lasciata la casella vacante, ognuno tenta di spacciarsi per il cinepanettone che non c’è. Scommettiamo che a riuscirci meglio saranno Francesco Mandelli da Osnago e Fabrizio Biggio da Firenze? Se rivincono al botteghino con parolacce e siparietti politicamente scorretti, attendiamoci dure polemiche. I moralizzatori dei moralizzatori tuonano: ma come, non toccava ai comici o ai giullari il compito di dire la verità? Non abbiamo preso diligentemente appunti sul “fool” shakespeariano, e su quanto fossero più rivoluzionari i siparietti comici di Yorick, Puck, Trinculo rispetto ai becchini dell’ ‘Amleto’? Tema del secondo capitolo: la crisi economica. Comunque vada, è già in cantiere un terzo episodio. A New York city.
“VITA DI PI”, di Ang Lee. Oggetto misterioso tratto, con supremo disprezzo del pericolo, dall’omonimo best seller del canadese Yann Martel. L’avventura di un ragazzo e una feroce tigre del Bengala, alla deriva su una scialuppa nell’Oceano Pacifico. Unici superstiti di un tragico naufragio. La magniloquenza visiva accompagna un viaggio spirituale per ritrovare la fede in qualcosa che vada aldilà di quello che vediamo e tocchiamo sulla Terra. Strenna natalizia d’autore raccomandatissima da James Cameron (una garanzia o no?)
“LO HOBBIT”, di Peter Jackson. Il regista neozelandese torna nella Terra di Mezzo alla ricerca dell’ispirazione perduta. Stavolta è un giovane Bilbo Baggins a essere strappato dalla bucolica contea per avventurarsi in un mondo pieno di pericoli e sorprese. Come Gollum, l’hobbit caduto. Schiavo del potere dell’Anello, il “mio tessssoooro”. La favola di Tolkien tradita nel suo spirito: per metà, saggio di vita agreste; il resto, un kolossal d’azione tra sussulti e qualche sbadiglio. Dove risiede il peccato originale? Nel patto tra Jackson e i produttori hollywoodiani, intenzionati a ricavare una nuova “trilogia” (possibilmente miliardaria) da un materiale di sole 300 pagine. Pochi  elementi sfuggono al pollice verso: su tutti, l’abilità a farci perdere la coscienza del tempo e proiettarci nell’atmosfera fantastica della Terra di Mezzo. Per chi ci crede.
“LA PARTE DEGLI ANGELI”, di Ken Loach. Quattro giovani teppistelli scozzesi animano il quadretto sociale del regista più “rosso” d’Inghilterra.  Assaggiata la mercanzia, i ragazzi s’imbarcano nell’impresa di rubare ai ricchi per dare a se stessi la chance di una vita migliore. Ken Loach è caduto un po’ in disgrazia nel nostro paese per aver rifiutato un premio al Festival di Torino, come gesto di solidarietà nei confronti dei lavoratori precari del Museo Nazionale del Cinema. I moralizzatori dei moralizzatori hanno tuonato pure stavolta. Come si permette? A noi è piaciuto. Più coerenza e meno inciuci in terrazza, avremmo forse una cinema migliore.
“TUTTO TUTTO NIENTE NIENTE”, di Giulio Manfredonia. Ma un titolo migliore no? Tre storie per tre personaggi con un destino che li accomuna: la politica con la “p” minuscola. Antonio Albanese si fa in tre: Cetto La Qualunque, Rodolfo Favaretto e Frengo Stoppato. Vanno in galera e riescono a uscirne. Un ritratto folle ma non troppo dell’Italia di questi anni, in una girandola di situazioni paradossali e travolgenti. Vota Antonio! Vota Antonio! Vota Antonio! Ma chi ha visto il film in anteprima assicura: più “niente” che “tutto”.
“THE MASTER”, di Paul Thomas Anderson. Il capolavoro veneziano, Leone d’oro mancato di un soffio, il film migliore delle feste. Che arriva a sorpresa nelle sale a feste quasi finite (3 gennaio, distribuisce Lucky Red). Joaquin Phoenix, con schiena curva e aria scimmiesca, è un reduce della Marina americana che torna a casa dopo la seconda guerra mondiale. Futuro assai incerto fino a quando non resta affascinato dalla Causa e dal suo leader carismatico, Philip Seymour Hoffman.  La nascita di Scientology? L’autore nega deciso. “E’ una love story tra due uomini”, afferma non a torto. Cinque anni dopo “Il petroliere”, Anderson torna sul grande schermo con un racconto  complesso che abbraccia religione, amore, filosofia, psicoanalisi e insanità mentale. Dalle immagini di rara bellezza emergono le performance eroiche di due attori giustamente premiati con la Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia. Difficile, difficilissimo vederlo a Ischia. La soluzione c’è: rompere gli indugi, invadere il continente.
Gianluca Castagna