Fiume in Piena, la lunga marcia di Napoli

a1Fabio Vecchiolla | NAPOLI – Il 16 novembre quattro luoghi simbolo della lotta per la difesa dei beni comuni e per i diritti di cittadinanza scendono in piazza: Val di Susa, Pisa, Napoli e Gradisca d’Isonzo. La lotta NoTav in Val di Susa contro la devastazione ambientale e la cementificazione del territorio; Pisa, con il suo attacco frontale all’intoccabilità della proprietà privata e la tutela dei beni comuni; Gradisca d’Isonzo, per la chiusura del Cie simbolo di politiche securitarie e disumane, incapaci di accoglienza ma solo di repressione; Napoli, per denunciare ancora una volta l’avvelenamento del territorio, la distruzione di un’economia locale, il rischio sanitario a cui sono esposte milioni di persone, a causa di un’economia che si serve della mafia per diminuire i costi ed aumentare i profitti.
A Napoli erano migliaia, decine di migliaia, stime vicine al vero parleranno di 70.000 persone che hanno sfilato in corteo da piazza Garibaldi fino a piazza plebiscito sfidando una pioggia incessante che si è placata solo in pomeriggio inoltrato, lasciando il posto a gelide folate di vento.

a4I partecipanti si sono mossi dietro lo striscione gigante con lo slogan non solo di una giornata ma di un intero movimento che, oggi e per il futuro, vuole essere considerato inarrestabile, issando gigantografie di coloro i quali sono, per i comitati, i colpevoli della terribile piaga e allontanando e imponendo di retrocedere agli addetti comunali che portavano il gonfalone del comune di Napoli. Oltre a loro c’ era praticamente tutta l’ area antagonista, centri sociali, sinistra extraparlamentare, ma anche mamme vulcaniche, operai di pomigliano, precari della scuola, studenti, suonatori di tammorre e preti francescani.
Si è marciato per gridare basta alla devastazione dei nostri territori, per ribadire che la nostra vita è più importante dei loro profitti. Fiume in piena – stop biocidio non era solo una lunga marcia, non era solo un grande concerto a fine manifestazione (uno fra i tanti i 99 posse), Fiume in Piena era soprattutto rabbia, pretesa di risposte, ma anche chiarezza e consapevolezza di quali sono i siti dannosi e i numeri effettivi di questo dramma come ha reso noto Legambiente in questi giorni e dolore, dolore di chi ad esempio, come testimonia l’ Associazione ‘Voce per tutti’, ha perso figli e familiari e pretende di essere salvaguardato maggiormente a differenza dell’ abbandono che hanno sentito fino ad oggi.