Gianluca Castagna | Il suo vero nome, Arcangela Felice Assunta Wertmüller Von Elgg Spanol von Braueich, è lungo almeno quanto i titoli dei suoi film più celebri. Tutti, però, la conoscono come Lina Wertmüller, protagonista assoluta del cinema di casa nostra ma apprezzata anche all’estero, se è vero che nel 1975, per Pasqualino Settebellezze, è stata la prima donna nella storia a conquistare una nomination agli Oscar come miglior regista. Qualcuno, forse lei stessa, ha scritto che anziché di commedie all’italiana, a proposito dei suoi film si dovrebbe parlare di commedie alla Wertmüller. Pellicole nelle quali l’esagerazione, la forza del grottesco e i ritmi della regia si impongono sulla storia esaltandone, in maniera spesso agitata, tutti i passaggi narrativi. Una miscela esplosiva di satira e umorismo, maschilismo e femminismo, commedia di costume e impeti melodrammatici. Sono passati 50 anni dal suo esordio dietro la macchina da presa (I basilischi, 1963, ritratto dolceamaro dei giovani borghesi di un paesino del Sud) e – forse per festeggiare – ha pubblicato per Mondadori Tutto a posto e niente in ordine (sottotitolo: Vita di una regista di buonumore), sorta di autobiografia che parte dal lontano 1827, svelando così le sue nobili origini, per affrontare poi gli anni dell’infanzia, la scoperta della vocazione per lo spettacolo, gli incontri con i grandi protagonisti del Novecento cinematografico. La regista lo ha presentato nella rassegna estiva Libri d’amare, a Lacco Ameno, dove ha incontrato amici e un folto pubblico di ammiratori.
Come nasce l’idea di questo libro?
“Non lo so, non me lo ricordo onestamente. Forse qualcuno mi ha chiesto di scriverlo. A un certo punto ha messo fuori due gambette, cominciato a camminare ed eccoci qua. Sono stata fortunata, molto fortunata, spero che chiunque lo legga trovi spunto per una passeggiata divertente in questi duecento anni di vita”
L’incontro con Fellini, decisivo per la sua carriera.
“Avevo una compagna di scuola, Flora Clarabella, che avrebbe sposato Marcello Mastroianni. Grazie a loro due conobbi Fellini. Federico era un grandissimo uomo e artista, simpatico e intelligente, è stato fondamentale potergli vivere vicino. Lavorai con lui per La dolce vita e Otto ½, aveva grande fiducia in me. Fu proprio grazie alla troupe di Otto ½ che potei realizzare I basilischi. Una grande fortuna, ma un incontro davvero casuale. Nella vita bisogna anche lasciarsi portare dalle onde di quello che ci accade.”
Com’è cambiato il cinema in questi 50 anni?
“Una volta si realizzavano circa 250 pellicole in un anno, oggi se ne producono solo 25. Magari è solo un periodo di crisi, i talenti ci sono sempre. Al lavoro, forse, o tra di noi, solo che ancora non sanno di esserlo. Per carità, tutti dicono che ci vuole una grande forza di volontà, che bisogna avere passione, tenacia, ambizione, ma la vera benedizione è scoprire abbastanza presto cosa ti piace fare. Non è facile, perché l’adolescenza è un periodo assai difficile, ancora non sai bene cosa vuoi o cosa farai da grande. Invece è proprio in quel momento che tutti te lo domandano.”
Cosa pensa del remake americano di Travolti da un insolito destino?
“Non l’ho visto, ma mi hanno detto che è una schifezza. Madonna è brava, in Evita mi era piaciuta, non so perché a un certo punto le è venuta voglia di rifare il mio film. Ha coinvolto quel poveruomo di suo marito, Guy Ritchie, bravissimo regista ma non per quel genere di film. Mi hanno detto che si era messa in testa di galoppare il cinema. Il cinema, però, è un mestiere pericoloso, e lei ha rimediato una figura di merda.”
Un ricordo di Mariangela Melato, recentemente scomparsa e protagonista di tante sue pellicole.
“Bellissima, intelligente, preparata. E milanese. Un tipo d’attrice unico, glamour e talentuosissima. L’ho conosciuta a teatro, dove lavorava con Ronconi e l’ho subito presa per i miei film. In Italia ci sono tante brave attrici, ma lei aveva qualcosa in più, elegante e popolare allo stesso tempo, qualcosa che non vedo più in giro.”
E la Loren?
“Sofia oltre a essere una donna bellissima, è una grandissima attrice. La sua avvenenza ha impedito di valutarne la qualità d’attrice per lungo tempo. Io sono stata felice di averla conosciuta e di aver lavorato con lei, sono pronta a qualsiasi cosa con Sofia, perché lo merita. Una donna di quelle vere al di là del divismo, legatissima al marito e ai figli.”
Alla serata erano presenti molti amici della Wertmuller. Dall’attrice Nicoletta Della Corte (che ha letto alcuni passaggi del libro) a Luciano De Crescenzo e Pascal Vicedomini, che ha ricordato il contributo di Lina ai suoi progetti (“Sempre propositiva, la prima persona a darmi fiducia in un mondo nel quale ogni nuova idea deve essere stroncata sul nascere. Ancora oggi è il mio principale interlocutore quando si tratta di costruire un circuito culturale e internazionale per dare ai protagonisti del nostro cinema un’opportunità adeguata in tutto il mondo”.)
Decisa a proseguire ancora per un bel po’ (“Ho intenzione di campare almeno fino a 110 anni, per questo lavoro sempre, scrivo sempre, ma non sono un produttore, spetta a loro far vedere le cose che facciamo”), la Wertmuller è capace di imprevedibili pudori (“Enrico Job, mio marito, è stato l’uomo più importante della mia vita. Talmente speciale che mi perdonerete se non ne parlo”), qualche affettuosa reticenza (“Mai litigato con Giancarlo Giannini. Io e lui siamo legati per tutta la vita, saremo amici per sempre”) e scatti di ruvida franchezza. Esempio? Quando le chiedono – per l’ennesima volta – del suo ‘nemico’ Nanni Moretti, sbotta: “Ancora Moretti? Basta, non mi rompete i coglioni”. Amen, come qualcuno grida dalla folla.